Pier Cesare Bori

Casale Monferrato 1937- Bologna 2012

Vita e opere

Laureato in giurisprudenza all’Università Cattolica di Milano e in Teologia e Scienze bibliche all’Università Gregoriana di Roma, dal 1970 al 2007 è stato docente di Storia del cristianesimo e delle Chiese alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna dove ha anche insegnato Filosofia morale e ricoperto vari incarichi: oltre a presiedere il Dipartimento di Discipline storiche e il Centro Interdipartimentale di Studi su Ebraismo e Cristianesimo, vi ha promosso e diretto il Master in Culture e Diritti Umani, e nel 2012 gli è stata assegnata la Cattedra UNESCO per il Pluralismo religioso e la Pace. È stato visiting professor di Comparative Ethics in vari atenei quali l’Università dell’Oregon, la Meiji Gakuin di Tokyo, la Brown University. Dagli anni Settanta agli anni Ottanta ha svolto attività di ricerca nell’Istituto per le Scienze Religiose di Bologna (oggi Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII), con cui dal 2000 ha ripreso un’intensa collaborazione, promuovendo dibattiti e convegni sulle tematiche della riforma religiosa nelle diverse tradizioni. Fra i frutti dei suoi rapporti con le Università di Tunisi e di Pechino Beida, dove ha tenuto seminari sul consenso etico fra culture, si annoverano le traduzioni in arabo e in cinese da lui promosse della Oratio de hominis dignitate di Pico della Mirandola (2010). Un’ampia panoramica della risonanza a livello internazionale dei suoi studi è offerta negli atti del convegno In the Image of God: Foundations and Objections within the Discourse on Human Dignity svoltosi in suo onore a Bologna e Rossena nel 2009 (A. Melloni, R. Saccenti eds., 2010).

Tale elencazione di dati, per quanto rilevanti, è comunque inadeguata a descrivere la singolarità della sua figura, che nel costante impegno a tradurre un rigoroso esercizio intellettuale in dialogo condiviso e in integrale pratica di vita appare per molti versi più affine a quelle dei maestri di antiche tradizioni sapienziali che ai modelli invalsi di specialismo accademico. La sua esperienza è animata da un’inesausta tensione spirituale, scaturita nella sua giovinezza dagli interrogativi sull’essenza del cristianesimo, dialettizzata da molteplici scoperte e incontri - come quello con la Società degli Amici, a cui si accosta e a cui aderisce dagli anni Novanta - e incessantemente protesa, in un orizzonte pluralistico, a esplorare nuovi percorsi, che includono il rapporto con l’Islam e con le tradizioni orientali, dal buddhismo al taoismo al confucianesimo. Ne è un pregnante documento l’autobiografia CV 1937-2012 (2012), sintetico bilancio della propria vita scritto da Bori con lucida consapevolezza dell’approssimarsi della fine - e lo stesso drammatico confronto con la malattia mortale che lo ha colpito diviene per lui occasione di testimonianza estrema di un proprio stile peculiare, autoironico, sobrio ed essenziale, alieno da ogni retorica, insofferente di ogni ostentazione: un atteggiamento che si può compendiare nella modalità dello “star basso”, tema a lui particolarmente caro, che egli rintraccia in testi prediletti come il classico taoista Laozi o Daodejing e a cui è fra l’altro significativamente intitolato il suo saggio sull’antropologia religiosa di Alessandro Manzoni (2011).

Questa capacità di accostarsi a universi religiosi e di pensiero distanti e differenti è sorretta da una rigorosa metodologia esegetica e da modalità di indagine testuale le cui premesse di ordine filologico e storico-critico sono poste sin dalla sua prima formazione, nonché da una vasta strumentazione di competenze linguistiche che raggiunge nel corso degli anni un’eccezionale ampiezza, arrivando a includere il russo, l’arabo, il cinese, e che gli consente di scandagliare in profondità una vasta quantità di fonti, da quelle bibliche e patristiche al Corano, che frequenta nei suoi incontri di lettura con un pubblico eterogeneo, ai Lunyu, i Dialoghi di Confucio, delle cui parole chiave esamina dettagliatamente le rese possibili nei suoi seminari. Su questa straordinaria erudizione poggia il suo raffinato lavoro ermeneutico, che coniuga originalmente precisione e apertura interpretativa, e la cui ispirazione di fondo, nella quale si può riconoscere, fra altre, l’eco di Simone Weil, è l’assunto di un universalismo pluralistico incessantemente messo alla prova nel confronto con una grande molteplicità di testi: l’unità della Via sottende in profondità l’irriducibile pluralità delle vie. In quest’assunto si può additare il nucleo essenziale del lavoro di Bori, che è costantemente teso a una compartecipazione e a una divulgazione dei propri esiti, in adesione a un’intima istanza morale, politica, pedagogica di costruire su tali basi concreti spazi di incontro, di dialogo e di fraternità umana. La sua infaticabile attività di animazione culturale si svolge con colleghi, studenti, amici, interlocutori svariati, dentro e fuori gli ambienti accademici, e con i detenuti nel carcere della Dozza di Bologna (Lampada a se stessi. Letture fra università e carcere, 2008), e vi si affianca il fattivo impegno con Amnesty International sul versante dei diritti umani. La pratica della lettura condivisa si configura per lui come un esercizio spirituale ritenuto capace di illuminare l’esistenza, di trasformare il singolo, di irradiarsi sulla collettività, nella convinzione che alla sua intrinseca dialogicità occorra affidarsi per contrastare la violenza e l’intolleranza e per costruire una convivenza solidale e plurale (“Essere gharîb in questo mondo”, Inchiesta n. 144- 145/2004 www.inchiestaonline.it ).

 

Il pensiero filosofico-religioso

Il pensiero di Bori si caratterizza come un’ininterrotta quête, animata da un’inesausta tensione, che egli così riassume nelle ultime pagine del suo CV: “La spaccatura ha marcato tutta la mia vita, che sembra tutta impegnata a colmarla. Cristianesimo, ebraismo, islam, buddhismo: mistica o mondanità, monachesimo o laicità, cattolicesimo umanista ed essenzialità quacchera, rinuncia alla  bellezza e via della bellezza. Tante possibilità che si delineano anche in volti di amici così diversi fra di loro, pure tutti affabili. Preghiera o meditazione. Ecco, volevo dire che intravedo adesso – nell’unità della mia vita concreta e nella connessione di questa con tutte le altre vite – una ricomposizione possibile” (Bori 2012, 151-152).

Non si può dar conto di quest’originale ricerca, irriducibile a una tipologia di ‘scuola’, se non ripercorrendo, almeno sommariamente, i molteplici percorsi in cui essa si è concretata, e i molteplici incontri con cui si è incessantemente dialettizzata.  Essa si accompagna a un’eccezionale estensione di competenze linguistiche, che includono il russo, l’arabo e il cinese, e a una straordinaria vastità di letture, che spaziano dalla Bibbia al Corano, da Freud a Simone Weil, da Tolstoj a Pico della Mirandola, dalle Upanisad al Laozi, e di cui egli offre un significativo specimen in Incipit, Cinquant’anni cinquanta libri (2005). 

Sottesa a tale sorprendente varietà non vi è un’eterogeneità di interessi, bensì un saldo e coerente nucleo di convinzioni fondamentali inerenti a una peculiare etica della lettura, concepita come scrupolosa indagine testuale e insieme come ricerca ermeneutica fertilmente aperta a infinite interpretazioni (“la scrittura cresce con chi legge”).

Tale fecondo esercizio spirituale si traduce, oltre che in razionali acquisizioni sul piano del metodo storico-critico, in pratiche di vita, in modalità di impegno politico-culturale (ne è un esempio la sua cospicua attività in pro di Amnesty International, del cui gruppo di Bologna è stato uno dei fondatori e degli animatori, e le cui tematiche egli ha contribuito a introdurre in ambito universitario, promuovendo fra l’altro un master sui diritti umani) e in continua costruzione di spazi di confronto e di dialogo con interlocutori vari e diversi: fra essi si annoverano, per citarne alcuni, A. Freud, C. Ginzburg, G. Gaeta, M. Pesce, L. Ginzburg, G. Sofri, D. Buzzetti, E. Peyretti, G. Bonola, A. Melloni, M. Haddad, S. Marchignoli, P. Bettiolo, e vi sono inoltre i detenuti della casa circondariale della Dozza di Bologna per i quali egli ha tenuto corsi di filosofia morale e con i quali ha costituito un gruppo di lettura, Una Via, su testi delle più varie tradizioni. Come dichiara nella sua ultima intervista, egli è “il punto di partenza di infinite relazioni”, e tale costitutiva relazionalità rappresenta una caratteristica peculiare della sua esperienza, nella quale l’attività intellettuale si salda alla presenza testimoniale nella realtà contemporanea.

La storia dell’esegesi costituisce inizialmente il fulcro dei suoi interessi. Al modello della chiesa primitiva nell’antichità cristiana egli dedica un’approfondita monografia nel 1974; l’antigiudaismo nel cristianesimo antico è argomento, in quel medesimo anno, di un suo seminario a Gerusalemme, e più tardi di un suo volume, Il vitello d’oro (1983). Muovendo da tali indagini incentrate sull’esigenza di un confronto ineludibile con un passato “da conoscere pienamente, da accettare e da criticare” (1983, 7-8) viene a configurarsi nella sua riflessione l’attenzione, che lo accompagnerà per tutta la vita, per i temi della tolleranza e della possibilità di convivenza di culture diverse, come mostra già il convegno all’Università di Bologna da lui promosso e patrocinato da Amnesty International, sezione italiana, nel 1985. 

Allo sviluppo di questa prospettiva contribuiscono le sue indagini sulla cultura russa, e segnatamente sull’“altro Tolstoj” (1995), ossia sugli aspetti meno noti dell’elaborazione del grande romanziere, che Bori mette in luce tramite un esame sistematico delle parti meno frequentate dell’opera omnia tolstoiana, da cui evince l’idea di una sapienza comune condivisa da popoli diversi, e di cui esplora fra l’altro l’influenza su Gandhi (Bori-Sofri 1985).

Tale concezione di “universalismo come pluralità delle vie” (1998) si avvale del significativo riferimento al pensiero di S. Weil (“Ogni religione è l’unica vera”,1994) e viene definito e articolato in Per un consenso etico tra culture (1991), suffragandosi inoltre con il ricorso alle fonti antiche di varie tradizioni, occidentali e orientali, proposte nell’antologia Per un percorso etico fra culture (con S. Marchignoli,1996). In quest’ottica, il discorso sui diritti umani, di cui Bori ripercorre attentamente l’elaborazione tramite i documenti del dibattito che precorse la Dichiarazione del 1948, riceve una fondazione interculturale, in quanto non viene dedotto da nozioni astratte, corrispondenti a un concetto eurocentrico e logocentrico di ragione, bensì viene ricondotto a un’idea di natura umana configurata come propensione tendenzialmente universale alla sollecitudine nei confronti dei bisogni e della sofferenza altrui, significativamente attestata, fra l’altro, anche da fonti classiche cinesi. Al contempo, egli pone in rilievo la componente antiautoritaria e le istanze di difesa intransigente del singolo rispetto a ogni possibile prevaricazione derivanti specificamente da matrici e vicende occidentali, in cui risalta lo speciale apporto della cultura di gruppi minoritari e anticonformisti quali la Società degli Amici. 

All’orizzonte di un universalismo pluralistico si riconduce anche la ricerca sulla Oratio de hominis dignitate di Pico della Mirandola, in cui Bori riconosce un documento degno di grande attenzione, facendolo oggetto di un’approfondita indagine teoretica, storica e filologica, e promuovendone inoltre nel 2010 la traduzione in arabo e in cinese. La sua crescente attenzione per l’universo culturale cinese, che si affianca a quello, lungamente coltivato, per il mondo arabo, connota significativamente l’ultima fase della sua vita. Il suo costante riferimento a una dimensione sapienziale si esplicita pure nell’ambito della sua intensa riflessione - che si snoda per un cinquantennio, dal saggio sul Mosé di Freud di cui indaga in modo approfondito i manoscritti (1976) al confronto con le tesi di J. Assmann negli anni Duemila - sulla complessa natura dei monoteismi, ascrivibile al duplice dinamismo di sapienza e profezia.

In questa sintesi inevitabilmente lacunosa e parziale del multiforme percorso di Bori, le cui molteplici sollecitazioni appaiono oggi più che mai fertili e attuali a fronte delle Grandi Narrazioni proprie dell’essenzialismo culturale predominante, si segnala la sua pratica esemplare di un modo commentariale del pensiero ancorato all’esegesi dei testi, che appare un’originale riproposizione moderna, alimentata di rigore storico e filologico, di modalità di riflessione care ad antiche tradizioni sapienziali, d’occidente e d’oriente, che suffragano la sua fede nella “luce che illumina ogni uomo” e la sua concezione della lettura come nutrimento spirituale da condividere e capace di trasformare l’esistenza. Egli perviene così a configurare un caratteristico atteggiamento che rifugge dai dogmatismi e dalle astrazioni, e che dialettizza e coniuga istanze di razionalità e di religiosità, di laicità e di spiritualità: “Dalla psicoanalisi ho imparato molto, ma è difficile dire cosa. Forse a riconoscere le basi corporee e istintuali del pensiero, diffidando del pensiero astratto che nasconde il più rozzo non-pensiero, dell’egocentrismo che si traveste da amore universale, dell’umiltà dietro la quale si cela la superbia” (Incipit, 111). E per rappresentare in qualche misura la cifra movenza peculiare della sua riflessione, si può ad esempio evocare questo passo, che compare in Incipit e che viene significativamente riproposto nel libro che, come si è accennato, si può considerare una sorta di suo testamento spirituale, CV (2012, 105): “La lettura del Daodejing mi sottraeva al moralismo della tradizione a cui, nonostante tutto, appartenevo. (…) L’invito a ritornare bambino, ad accettare di stare indietro e in basso, a non agire, suonava gradito: in una formulazione sapienziale e naturale riscoprivo cose che avevo appreso in termini religiosi e autoritari, di ascesi e mortificazione”.

Amina Crisma

 

Biblio-sitografia

  • I. Heindorf, The Bibliography of Pier Cesare Bori, in A. Melloni, E. Saccenti (eds.), In the Image of God, LIT, Berlin, 2010, pp. 25-36. 

Per una bibliografia comprensiva anche del periodo successivo al 2009: P.C. Bori, CV 1937-2012, Bologna 2012, pp. 155-165.

 

Opere principali

Monografie

  • Il modello della comunità primitiva nella coscienza teologica della chiesa antica, Bologna 1972
  • Koinonia. L’idea della comunione nell’ecclesiologia recente e nel Nuovo Testamento, Brescia 1974
  • Chiesa primitiva. L’immagine della comunità delle origini nella storia della chiesa antica, Brescia 1974
  • La Chiesa primitiva, Brescia 1977
  • Movimenti religiosi in Russia prima della rivoluzione, con P. Bettiolo, Brescia 1978
  • Il vitello d’oro. Le radici della controversia antigiudaica, Torino 1983 (ed. inglese The Golden Calf and the Origins of the anti-Jewish Controversy, Atlanta (Georgia) 1990
  • Tolstoj, verso l’Oriente, in Gandhi e Tolstoj. Un carteggio e dintorni, con G. Sofri, Bologna 1985, pp. 17-164
  • L’interpretazione infinita. L’ermeneutica cristiana antica e le sue trasformazioni, Bologna 1987 (ed. francese L’interprétation infinie, Paris 1991)
  • L’estasi del profeta e altri saggi tra ebraismo e cristianesimo sino al Mosé di Freud, Bologna 1989
  • La Madonna di S. Sisto di Raffaello. Saggi sulla cultura russa, Bologna 1990
  • Per un consenso etico tra culture, Genova 1991 (2 ed. ampliata 1995)
  • L’altro Tolstoj, Bologna 1995
  • Pluralità delle vie. Alle origini del Discorso sulla dignità umana di Pico della Mirandola, Milano 2000
  • Universalismo come pluralità delle vie, Genova-Milano 2004
  • Incipit. Cinquant’anni cinquanta libri 1953-2003, Milano-Genova 2005
  • Lampada a se stessi. Letture fra università e carcere, a cura di L. Ginzburg, Milano 2008
  • CV 1937-2012, Bologna 2012

Articoli (alcuni articoli e saggi)

  • Attualità di S. Ireneo, in "Studium", 8-9, 1966, pp.1-12
  • Comunità e autorità nel Nuovo Testamento, inedito, 1968
  • La cristologia hegeliana in un nuovo libro di H. Küng, in "Protestantesimo", 26, 1971, pp. 21-36
  • Il Mosè di Freud: per una prima valutazione storico-critica, in "Materiali per la psicoanalisi", 6, 1976, pp. 21-37
  • Attualità di un detto antico? “La Sacra Scrittura cresce con chi legge”, in "Intersezioni", 6, 1986, pp. 15-49
  • Dieci tesi su tolleranza, diritti umani e pace, in "Segno", 13, 1987, pp. 7-13
  • Ritorno a Tolstoj. Di nonviolenza e di altro in alcuni suoi inediti e ristampe, in "Linea d’ombra", 35, 1989 p. 20
  • Ogni religione è l’unica vera. L’universalismo religioso di Simone Weil, in "Filosofia e teologia", 8, 1994,, pp. 393-403
  • “Sacred Scriptures, or the Bibles of the Nations” in Walden of H. D. Thoreau, in J. Neusner, E.S. Frerichs, N.M. Sarna (eds.), From Ancient Israel to Modern Judaism. Intellect in Quest of Understanding, Atlanta 1989, pp. IV, 105-114 (ed. it. ampliata Le “Sacre Scritture” o “Bibbie dell’umanità” in Walden di H.D. Thoreau, in "Il piccolo Hans", 1994, 83-84, pp. 257-272)
  • Universalismo come pluralità delle vie, in "Filosofia politica", 12, 1998, 3, pp. 455-468 (ed. inglese in Y. Shibata (ed.), Culture, Religion and the Problem of Universalism, Tokyo 1999, pp. 19-30; trad. tedesca in "Polylog", 20, 2008, pp. 7-18)
  • “La luce che illumina ogni uomo”, con E. Peyretti, in "Servitium", 143, 2001, 3 pp. 223-233
  • “Essere gharîb in questo mondo”, in "Inchiesta", 34 144-145 2004, pp. 169-172
  • Ad imaginem Dei. Proposals, Conjectures, in A. Melloni, E. Saccenti (eds.), In the Image of God, LIT, Berlin 2010, pp. 39-44
  • “Star basso”: l’antropologia religiosa di Alessandro Manzoni, in A. Melloni (a cura di), Cristiani d’Italia, Roma 2011, vol. I, pp. 169-181
  • The Historical and Biographical Background of the Oration, in Pico della Mirandola, The Oration of the Dignity of Man. A new Translation and Commentary, a cura di F. Borghesi, M. Papio, M. Riva, Cambridge 2012, pp. 10-36

Convegni internazionali (alcuni)

  • Réformes. Comprendre et comparer les religions (con A. Melloni e M. Haddad), Amman 2007, (atti: Berlin 2007)
  • In the Image of God, Bologna/Rossena 2009 (atti: A. Melloni, R. Saccenti eds., Berlin 2010)

Traduzioni e/o curatele

  • G. Florovskij, Vie della teologia russa, Genova 1987
  • L. Tolstoi, La mia fede, 1988
  • La società degli amici. Il pensiero dei quaccheri (a cura di, con M. Lollini, Milano 1993
  • Per un percorso etico fra culture, con S. Marchignoli, Roma Carocci 1996

Scritti sull’autore e sul suo pensiero filosofico-religioso

  • Borghesi F., “Al posto della morte c’era la luce”: l’etica della lettura di Pier Cesare Bori” , in A. Melloni, E. Saccenti (eds.), In the Image of God, LIT, Berlin, 2010, pp. 9-24
  • Buzzetti D., Pier Cesare Bori, in A. Melloni, E. Saccenti (eds.), In the Image of God, LIT, Berlin, 2010, pp. 5-8
  • Crisma A., “Il silenzio e le parole: in memoria di Pier Cesare Bori, "Inchiesta", anno 42, n. 178, ottobre/dicembre 2012, pp. 40/44 (www.inchiestaonline.it)
  • Crisma A., Ricordando Bori: diritti umani e consenso etico fra culture, "Moralia", in "Il Regno", 10 novembre 2021 (https://www.ilregno.it/moralia/blog/ricordando-bori-diritti-umani-e-cons...)

Sitografia

www.inchiestaonline.it alla sezione “Pier Cesare Bori e la rivista Inchiesta”

https://www.gabriellacaramore.it/radio-2-3/uomini-e-profeti-archivio/

https://podcasts.apple.com/pl/podcast/filosofia-comparata-i-pier-cesare-...

https://www.youtube.com/watch?v=z-VlfmQzrjU