David Maria Turoldo

Coderno di Sedegliano (Ud) 1916 – Milano 1992

Vita e opere

Giuseppe Turoldo nacque, ultimo di otto fratelli, in una famiglia contadina molto povera del Friuli. Fece della povertà la scelta caratterizzante la sua vita religiosa, culturale e civile. Fu frate dell’ordine dei Servi di Maria, assumendo il nome di David Maria (con riferimento al Salmista, laddove l'aggiunta di Maria è tipico dell'ordine). Ordinato sacerdote nel 1940, l’anno successivo si trasferì a Milano iscrivendosi all’Università Cattolica dove si laureò in filosofia nel 1946 con G. Bontadini. Nel frattempo, tra il 1943 e il 1945, partecipò attivamente alla Resistenza, collaborando alla pubblicazione de “L’Uomo”, rivista clandestina che uscì tra il 1944 e il 1945. Si dedicò pure all’assistenza ai poveri e alle vittime della guerra, alle famiglie dei detenuti politici e all’accoglienza, nel suo convento, dei perseguitati del regime. La Resistenza, intesa come conversione definitiva alla libertà dell’uomo in quanto valore assoluto e  bisogno di un profondo e continuo rinnovamento spirituale, costituì lo spartiacque della sua vita religiosa e civile, divenendo la sua “divisa interiore”. 

Chiamato nel 1947 da Carlo Bo all’Università di Urbino come assistente di filosofia accanto a Bontadini, vi rimase fino all’anno ‘54-’55 quando lasciò l’attività accademica per sentirsi più popolo, uomo di marciapiede, come egli stesso afferma nello scritto autobiografico La mia vita per gli amici. Fu un “disturbatore di coscienze” che lottò a favore del riscatto dei poveri, in Italia e nell’America Latina, e per la pace. Per due volte fu mandato in esilio fuori d’Italia, fino a quando, nel ’63, poté sistemarsi nella frazione di Fontanella, a Sotto il Monte, paese natale di Giovanni XXIII. Vi rimase fino al termine della vita. 

L’impegno quotidiano si accompagnò in lui ad una multiforme attività culturale, assieme a credenti e non credenti, laici e religiosi, protagonisti del rinnovamento spirituale e culturale dell’Italia dal dopoguerra in poi. Il “centro” di tale attività, come sostiene Zanzotto nella Nota introduttiva a O sensi miei, fu la poesia a cui si riconducono tutte le dimensioni che frequentò nel corso della vita, compresa quella filosofica. Egli, infatti, in realtà non l’abbandonò mai, muovendosi costantemente entro le posizioni raggiunte ne La fatica della Ragione, opera giovanile rimasta inedita che riprende la sua tesi di laurea. In quest’opera si propone di risolvere il dramma che egli vive in prima persona: come uscire dall’angosciante isolamento esistenziale in cui si trova, per raggiungere l’Essere, che costituisce il termine e il senso del proprio ex-sistere e che per Turoldo si identifica con Dio. A tale scopo pone in questione l’intero pensiero basato sulla frattura cartesiana tra res cogitans e res extensa, su quella kantiana tra la ragione e il mondo della sensibilità, per arrivare a quella, propria della filosofia contemporanea, della ragione dalla fede: un percorso che ha imprigionato l’uomo nel carcere dell’Io riducendolo ad un essere “disperato e solo, perché figlio della pura Tekne”, si legge ne Il dramma è Dio, 1997, p. 13. Per individuare un’“uscita di sicurezza” da quel carcere, Turoldo compie una serrata indagine sulla metafisica da Platone in poi che si conclude col riconoscimento che il divenire, entro cui si colloca il nostro ex-sistere, risulta inconciliabile con l'essere: infatti diviene e non è mai, mentre l'Essere rimane nel suo incomprensibile isolamento. La nostra condizione consiste dunque, irrimediabilmente, nel trovarci “fuori dall’Essere”, senza poter sapere cosa siamo. “Questo” scrive ne La fatica della Ragione, p. 314, “credo il limite, l’esaurimento di ogni metafisica”. 
 

Il pensiero sulla religione

Riferendosi ad A. Masnovo, che poté ascoltare nei suoi studi all’Università Cattolica, Turoldo sostiene che la filosofia marcia verso la religione. Infatti, come afferma in Diario dell’anima, p. 88, il riconoscimento dell’impotenza della metafisica a uscire dal carcere dell’io, cui è giunto, non toglie il bisogno di dare una ragione sufficiente alla vita e di appetire “all’ultimo dei valori, quello che tutti li fonda e li giustifica: al mistero di Dio, come misura dell’incoercibile dimensione della stessa esistenza”. L’ex-sistere dunque si ricongiunge all’Essere, uscendo dal suo isolamento esistenziale, per un’altra via: quella di una Rivelazione grazie alla quale l’Essere stesso scende per unirsi a noi – e noi a Lui e al Bene che è la Verità - in una comunione che non è solo fideismo, ma unione di vita. La religione, distinta dalla filosofia, è garantita dalla filosofia stessa che, per quanto sa, deve chiarire, provare, documentare sempre il vero Essere dal falso. Pertanto è una religione non gratuita ma fondata, non frutto di un salto irrazionale ma di un approdo della nostra coscienza, con cui non può non coincidere. Turoldo, ne La parabola di Giobbe, 2012, p. 275, sostiene che “nulla vi è, dopo tutto, all’infuori di Dio e di questo cristianesimo che ce lo partecipa”. 

La religione tuttavia può rivestirsi di ideologia e concepire un Dio “sbagliato”. “Credere in un Dio sbagliato” si legge in Anche Dio è infelice, p. 183, “è il più grande disastro che possa capitare: tanto più se capita a tutta una religione e a tutta una civiltà. Allora sarà sbagliata tutta la religione e la civiltà”. È una situazione che oggi si fa sempre più grave a causa di forme aberranti di fideismi che investono diverse religioni compreso il cristianesimo. Pertanto, nel profondo, il problema non è Dio, ma è in quale Dio credere, il che mostra che il problema vero non è l’ateismo ma un “atto di fede” in grado di liberare la religione da ideologie, fideismi e fanatismi. La fede nel Dio Padre di Gesù lo rende possibile perché ci fa sentire tutti figli e fratelli uniti nel suo amore. Il comandamento dell’amore fa parte del messaggio di ogni religione, ma due caratteristiche lo rendono speciale nel cristianesimo. In esso, infatti, non è tanto l’uomo a cercare Dio, quanto Dio a cercare l’uomo. L’uomo è la passione e il dramma di Dio. La sua sorte, la sua possibilità di perdersi turbano la felicità di Dio. Perciò discende dai cieli. La seconda caratteristica è il “come” Dio ci ama. L’amore di Dio non ha misura. “In nessuna religione abbiamo un Dio che ha ‘così amato il mondo, da mandare il Figlio suo’”, scrive in Lettere dalla casa di Emmaus, p. 110. Nessun Dio si dona così all’uomo, affinché egli viva. 

Tutto, dunque, dipende dall’ “atto di fede”, da cosa si pensa di Dio in qualunque senso e sotto qualunque simbologia. Da ciò deriva che le categorie scientifiche vengono sempre dopo e che non si può dare teologia senza filosofia né può esserci filosofia senza almeno una teodicea. Si tratta di un punto delicato, cui Turoldo ha dedicato riflessioni serrate nelle sue opere, comprese quelle poetiche, fino all’ultimo saggio scritto poco prima di morire: Il dramma è Dio. In esso, ampliandone il significato e la portata, sostiene che l’“atto di fede” appartiene all’ontologia dell’Io come la ragione – nell’Io dunque fede e ragione coesistono – e possiede, in quanto in ultima analisi atto di fede nel reale e nella vita, una sorta di “priorità” ontologica rispetto ad ogni dimensione del conoscere. Si tratta di una “fede albare” - distinta dalla fede delle religioni - che non manca in nessuno, sia egli poeta, filosofo, scienziato o anche uomo semplicemente consapevole. Senza una fede nessuno riuscirebbe a cantare, a cercare verità scientifiche o filosofiche, ad attribuire significati alla ‘’propria vita. La vita stessa è un atto di fede. Il dramma della storia sta nella frattura tra fede e ragione cioè, appunto, dell’unità ontologica dell’Io.

La fede, di per sé, non ci pone in uno stato di quiete. Fa sorgere infatti domande continue su Dio e sull’uomo, su ciò che li lega, che li porta incessantemente a cercarsi, a inseguirsi, a desiderarsi. Tale interrogazione, in cui compaiono fondamentali questioni teoretiche, in Turoldo avviene in vari saggi e, soprattutto, nella sua produzione poetica. Con la poesia, suo vero e proprio diario esistenziale, dopo aver concluso all’esaurimento di ogni metafisica, egli dunque continua a fare filosofia. Come per l’amato Leopardi (“anima mia” lo definisce), si può dire anche per lui che il suo è un “pensiero poetante”.

La poesia, come tutta l’arte, si affianca alla religione perché ne completa il compito. Mentre infatti questa si fonda sulla “discesa dell’Essere” che si rivela a noi, la poesia realizza una ascesa dall’ex-sistere verso l’Essere stesso. Ciò che non può la metafisica, dunque, lo può la poesia. Può farlo perché “immagine del mondo quale immagine dell’Essere”, afferma ne La fatica della ragione, p. 323.

Nelle cose, che costituiscono il mondo sensibile, è presente l’Essere che le ha create. Attraverso le cose, dunque, che conosciamo coi sensi, cogliamo l’impronta del divino che vi è impressa. Dio è indicibile, l’Essere è ineffabile. Tuttavia partendo dal frammento, dalla pluralità delle cose visibili, si può parlarne. Dio, nel “visibile”, è il cuore di una cerva, l’ala di una rondine, la pupilla di una colomba. L’Essere si può conoscere e di lui si può parlare, unicamente attraverso le sue sillabe, cioè le cose che “non sono che sillabe della sua ‘parola’; involucri del suo atto d’amore” scrive ne La parabola di Giobbe, 2012, p. 113. Da ciò la necessità di comunicare con le cose, di cui sono capaci in modo particolare i fanciulli e i poeti ma che i sensi – “organi divini”: O sensi miei, organi divini canta in Gli occhi miei lo vedranno, ora in O sensi miei, 2006, p. 224 - rende possibile a tutti. Di Dio, dell’Essere, non si può dire di più. Ma è sufficiente per affermare che “la poesia quando è vera poesia è un atto di fede, un  atto di vera religione (…). La vera, la grande poesia, finisce sempre in preghiera”, come scrive ne Il sesto angelo, ora in O sensi mei, p. 341.

Nel pensiero di Turoldo si può cogliere dunque una sorta di progressivo “andare al di là”: la filosofia rimanda alla religione che, a sua volta, rinvia all’ “atto di fede”. Questo è distinto e al di là della religione e produce una sorta di suo “superamento”: c’è una religione oltre la religione di cui è simbolo Giobbe. Egli non è un israelita e tuttavia è adoratore del vero Dio. È uomo che assurge alla dignità di esemplare e di santo, protagonista di divine e ortodosse rivelazioni. Documento, dunque, per una santità extra ecclesiam, fuori dommatica, che libera dal concetto di qualsiasi monopolio “sia nei riguardi di Dio, quasi non possa il Signore rivelarsi a tutti gli uomini in mille forme e a qualsiasi religione appartengono; sia per ciò che riguarda gli uomini, come se fosse loro negato di essere nella verità anche se fuori il corpo di una chiesa (ma non fuori della sua anima), sia pure essa, ed essa sola, l’unica ed autentica Chiesa divina”, si legge in Da una casa di fango (Job), p. 17.

La “verità” è in atto, è vivente e continuamente si trascende. È provocatrice, indicatrice, un segno per andare oltre: nella direzione della Parola e della Bibbia che, essa stessa, non può essere “monopolio” di nessuno. Il Verbo non si è fatto carta ma carne viva, perciò il mistero continua e dilaga ovunque (cfr. Presentazione, in Levi A., La Bibbia fuori dal tempio, p. 3). Su questa base e per questo motivo siamo chiamati a costruire la grande ecumene della terra.

Paolo Bertezzolo

 

Biblio-sitografia

Maraviglia M., David Maria Turoldo. Ricognizione bibliografica su un protagonista della chiesa italiana del Novecento, in “Cristianesimo nella storia”, XXXIV, 2013, pp. 879-926.

Opere principali 

  • Io non ho mani, Milano 1948.
  • La fatica della ragione, elaborazione della tesi di laurea, Fondo David Maria Turoldo, in Archivio del priorato di Sant'Egidio a Fontanella di Sotto il Monte, probabilmente del 1951, inedito.
  • Da una casa di fango (Job), Brescia 1951.
  • Udii una voce, Premessa di Ungaretti G., Milano 1952.
  • Gli occhi miei lo vedranno, Milano 1955.
  • Preghiere tra una guerra e l’altra, Milano 1955.
  • Non hanno più vino, Milano 1957, riedizione Brescia 1979.
  • Se tu non riappari… (1950-1961)Prefazione di Romanò A., Milano 1963.
  • Tempo dello Spirito, Torino 1966. 
  • …e poi la morte dell’ultimo teologo, Torino 1969 riedito col titolo La morte dell’ultimo teologoPresentazione di Ravasi G., Milano 1994.
  • Poesie, Vicenza 1971.
  • Nell’anno del Signore, Prefazione di Gorresio V.Milano 1973.
  • Il sesto angeloPoesie scelte (prima e dopo il 1968), Introduzione di Romanò A., Milano 1976.
  • Fine dell’uomo?, Prefazione di Luzzi G., Milano 1976.
  • Alla porta del bene e del male, Milano 1978.
  • Lo scandalo della speranzaPoesie dal 1935 al 1978 con inediti, Napoli 1978.
  • Nuovo tempo dello Spirito, Brescia 1979.
  • Laudario della Vergine. «Via pulchritudinis», Bologna 1980. 
  • Mia terra addio, Vicenza 1980, riedito col titolo Il mio vecchio Friuli, Pordenone 2001.
  • Amare, Cinisello Balsamo (MI) 1982, riedito col titolo Amare e pagine ritrovate, Cinisello Balsamo 2016.
  • Impossibile amarti impunemente. «Voi chi dite che io sia?» ed altre liriche su Gesù Cristo (1948-1981), Rovato (Bs) 1982. 
  • Perché a te, Antonio?, Padova 1983.
  • Lo scandalo della speranza, Milano 1984.
  • Ave Maria, Milano 1984. 
  • Ritorniamo ai giorni del rischio. Maledetto colui che non spera, Liscate (Mi) 1985; riedito col titolo I giorni del rischio. Maledetto colui che non spera, Sotto il Monte (Bg) 2013 (con dvd contenente la rappresentazione di Salmodia della speranza effettuata nel duomo di Milano il 21 aprile 2005). 
  • Presentazione a Levi A., La Bibbia fuori dal tempio, Liscate (MI) 1985.
  • (Con Camara H.), La preghiera dei poveriO gente, terra disperata, Cinisello Balsamo 1986.
  • (Con Ravasi G.), “Lungo i fiumi…”. I Salmi. Traduzione poetica e commento, Cinisello Balsamo (MI) 1987, ripubblicato come I Canti Nuovi. I Salmi. Traduzione poetica e commento, Cinisello Balsamo 2022.
  • Il grande maleNota sul risvolto di copertina di Luzzi G., Milano 1987.
  • Nel segno del Tau, Milano 1988.
  • Il Vangelo di Giovanni. Nessuno ha mai visto Dio, Milano 1988.
  • Come i primi trovatori, Liscate (Mi) 1988.
  • Il diavolo sul pinnacolo, Cinisello Balsamo (MI) 1988.
  • (Con Ravasi G.), Opere e giorni del Signore, Cinisello Balsamo (MI) 1989.
  • O sensi miei…Poesie 1948-1988Note introduttive di Zanzotto A. e Erba L., Milano 1990. 
  • Anche Dio è infelice, Prefazione di Pampaloni G., Casale Monferrato (AL) 1991.
  • Canti ultimiPresentazione sul risvolto di copertina di Giudici G., Milano, 1991.
  • Il Dramma è Dio, Milano 1992. Lettera dedicatoria a Gianfranco Ravasi.
  • Mie notti con QoheletPostfazione di Ravasi G., Milano 1992.
  • La parabola di Giobbe, Milano 1992, riedito come La parabola di Giobbe, «L’inevitabile mia storia», Milano 2012.
  • Chiamati ad essere, Sotto il Monte (BG) 1997.
  • Mia chiesa, una terra solaPresentazione di Zizola G., Sotto il Monte (BG) 1998.
  • TeatroIntroduzione di Bianchi G., Sotto il Monte (Bg) 1999. 
  • La mia vita per gli amici. Vocazione e resistenza, Mondadori, Milano 2001.
  • Il pastore innamorato, Padova 2002.
  • Il sapore del panePrefazione di Ravasi G., Cinisello Balsamo 2002. 
  • Diario dell’anima, Vicenza 1998, II ed. Cinisello Balsamo (MI) 2003, Prefazione di Ravasi G., III ed. Vicenza 2012, con scritti introduttivi di Vasina A. e Levi A.
  • Poesia e profezia nella mia esperienza, San Zeno di Colognola ai Colli (VR) 2004, pro manuscripto.
  • Educare alla libertà umana e cristiana, Brescia 2011. 
  • Lettere dalla casa di Emmaus, Sotto il Monte (BG) 2016.
  • Ogni cuore un roveto, Servitium, Sotto il Monte (BG) 2018.
  • Mia chiesa pentecoste vivente, Sotto il Monte (BG) 2018.

Scritti sull’Autore

  • A.A.V.V., David M. Turoldo, frate dei Servi di santa Maria, “Servitium”, n. 84, XXVI, 1992.
  • Adami L. (a cura di), Polifonia per Turoldo. Una voce fuori dal coro, Villa Verucchio (RN) 2013. 
  • Balducci E., Fedele alle origini, in David Maria Turoldo. In memoriam, in “Testimonianze”, XXXV, 1992, pp. 61-66.
  • Beano R. (a cura di), Il fuoco della parola. David Maria Turoldo (1916-1992), Milano 2017.
  • Bertezzolo P., Turoldo. Un Lazzaro dell’amore, Verona 2022.
  • Bertezzolo P., Turoldo filosofo-teologo. A partire dalla tesi con Bontadini alla Cattolica, in “Note Mazziane” LIII, 2018, pp. 44-49.
  • Bertezzolo P., Turoldo: «Tutto è fede». Tra i limiti dell’uomo e quelli di Dio, in “Note Mazziane” LIII, 2018, pp. 119-125.
  • Bertezzolo P., I “Doppi pensieri” in David Maria Turoldo, in: Filippi E. (a cura di), Studiosi del comprensorio di Villafranca di Verona, Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, 2019, pp. 145-161.
  • Bertezzolo P., Là dove la parola muore. Il Leopardi di Turoldo, in “Note Mazziane” LIV, 2019, pp. 162-166.
  • Bertezzolo P., L’inattualità di David Maria Turoldo. Come Giobbe, inseguendo l’eco della Parola di Dio, in “Note Mazziane” LV, 2020, pp. 91-96.
  • Commare G., Turoldo e gli “organi divini”. Lettura concordanziale di O sensi miei…, Firenze 2003.
  • De Giuseppe M, Formigoni G., Melloni A., Saresella D., Vecchio G., Laicità e profezia. La vicenda di David Maria Turoldo, Palazzago (BG) 2003.
  • D’Elia A., La peregrinatio poietica di David Maria Turoldo, Prefazione di Della Terza D., Firenze 2012.
  • De Piaz C., La libertà della fede, in David Maria Turoldo. In memoriam, in “Testimonianze”, XXXV, 1992, pp. 75-78.
  • De Piaz C., L’evento Turoldo, Gorle (Bg) 2001.
  • Giacomini A., Le ragioni di un titolo e L’opera poetica di David Maria Turoldo: appunti per una lettura globale, in Turoldo D.M., Lo scandalo della speranza, pp. 13-27, Napoli 1978.
  • Giacomini A. (a cura di), Conversazione con Andrea Zanzotto sulla poesia di D. M. Turoldo, in Turoldo David M., Lo scandalo della speranza, Milano 1984, pp. 63-69. 
  • Lollo R., Sulla poesia turoldiana: appunti filologici, in «Il Ragguaglio librario», 52, 1985, pp. 7-10. 
  • Luzzi G., L’altissima allegria. Saggi e prose per Turoldo, Gorle (BG) 2002.
  • Luzzi G., Dall’ermetismo all’utopia: il percorso poetico di David Maria Turoldo, in David M. Turoldo, Lo scandalo della speranza, I, pp. 7-62, Milano 1984.
  • Nicolai Paynter M., Perché verità sia libera. Memorie, confessioni, riflessioni e itinerario poetico di David Maria Turoldo, Rizzoli, Milano 1994. 
  • Negri A., Il salterio di David Maria Turoldo: la dicibilità dell’Essere, in Filosofia ed Etica. Studi in onore di Girolamo Cotroneo, Soveria Mannelli (CZ) 2005.
  • Maraviglia M., David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza, Morcelliana, 2016.
  • Maraviglia M., David Maria Turoldo. Resistenza e speranza, in Cortesi A. (a cura di), Storie di testimoni, sfide di pace, Firenze 2014.
  • Maraviglia M., L’avventura di un cercatore dell’uomo e di Dio, in “Monte Senario”, XX, 2016, pp. 9-13.
  • Maraviglia M., Giuseppe Dossetti e David Maria Turoldo. Frammenti di un dialogo a distanza, in “Cristianesimo nella storia”, XXXVIII, 2017, pp. 247-269.
  • Maraviglia M., «Rinverdirà ogni carne umiliata…». La poesia della terra, della storia, di Dio di David Maria Turoldo, in “Egeria” n. 17, 2022, pp. 29-44.
  • Mattana G., Turoldo, l’uomo, il frate, il poeta, Paoline, Milano 1995. 
  • Santucci L., Confidenze a una figlia curiosa, Milano 2007.
  • Saresella D., David M. Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), Brescia 2008.
  • Zanini P., David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, Milano 2013.
  • Zanzotto A., Per David Maria Turoldo, in Id., Aure e disincanti nel Novecento letterario, Milano 1994, pp. 155-164 [riprende con poche e lievi modifiche la propria Nota Introduttiva a D.M.T., O sensi miei…Poesie 1948-1988, cit.].

 

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